FALCHI e COLOMBE: sostantivi aggettivati, solitamente contrapposti, con cui all’interno di una formazione politica si suole indicare da un lato (i falchi) gli irriducibili, i duri e puri o, a seconda dei casi, gli spietati killer; dall’altro invece (le colombe) si pongono i buonisti, quelli che sostengono la linea morbida, il colloquio con il nemico/alleato (sempre più spesso le due qualifiche coincidono) fino all’ipotesi più estrema dell’inciucio (v. la voce corrispondente in glossario 2 http://www.oblomovpress.it/?p=766).
Per fare un esempio più recente, nell’attuale coacervo che fino a ieri si era soliti indicare con la sigla PDL, si sono andati contrapponendo due schieramenti: da un lato i falchi (con tanto di sezione giovanile, denominati i falchetti) rappresentanti più autorevolmente dalla pitonessa Santanchè e dal nanokiller Brunetta, che solidarizzano col capo e sono interessati soltanto a “salvargli il culo”, a costo di rompere con il PD e far cadere il governo se solo osano andare al voto sulla sua decadenza da senatore. Dall’altro lato invece le colombe, un manipolo di pacificatori, rappresentati dall’ex delfino del capo, Angelino Alfano, che di crisi di governo non vuole nemmeno sentirne parlare e cerca in tutti i modi di ricucire gli strappi che quotidianamente l’altra ala procura alla traballante coalizione delle larghe intese.
Il fatto più curioso è il ricorso alla simbologia animale e a quella naturale, più in generale. Abbiamo già detto della pitonessa, così soprannominata per una vecchia barzelletta che lei usava raccontare e che aveva per protagonista una prostituta-pitonessa; nomignolo che tuttavia le si attaglia perfettamente per il lusso e l’eleganza nel vestire e nel portamento. Ma come non ricordare il giaguaro smacchiato di Bersani che tante simpatie gli attirò ed altrettanti voti gli sottrasse. Per non dire del caimano, il terribile e infamante appellativo che quel comunista di Nanni Moretti osò affibbiare a Lui, arrivando a dedicargli un astioso e profetico film che preconizzava addirittura una sua fine ingloriosa. I più longevi ricorderanno la similitudine tra il rospo e Lamberto Dini e tra il topo e Giuliano Amato detto anche dottor Sottile (per l’innegabile somiglianza fisica), o l’accostamento tra il verme occhialuto (sinonimo di mancanza di spina dorsale) e Walter Veltroni, passati alla storia in tali goffe rappresentazioni zoomorfe grazie alla fantasia malvagia delle vignette di Forattini.
Per proseguire sul versante naturalistico, ma passando dalla fauna alla flora, numerosi sono gli esempi di piante elette a simbolo di partiti e movimenti politici: dal garofano rosso socialista alla rosa stretta nel pugno dei radicali, fino all’edera dei repubblicani, attaccati al potere come pochi. In tempi più recenti annoveriamo la quercia simbolo del PDS poi DS, che avrebbe dovuto simboleggiarne la solidità, ma che scarsa forza evocativa ha avuto, a giudicarne le conseguenze; la margherita scelta dalla sinistra democristiana, che fondò il partito omonimo poi confluito nel PD e infine l’ulivo prescelto da Romano Prodi per evocare la sinistra unita, rifacendosi alla pianta generatrice del ramoscello che da sempre ha simboleggiato il pacifismo.
Piantiamola qui! Sarebbe il caso di chiosare. Del resto è perfettamente inutile tentare di ricondurre tutto ad una regola, cercare di capirci qualcosa, perchè “la politica ha le sue ragioni che la ragione non conosce” (Pino Caruso, Ho dei pensieri che non condivido, 2009).