dic 03, 2013 | Post by: admin Commenti disabilitati

I DUE CERVELLI. ANATOMIA SEMISERIA DI UNA COLITE di Alfredo Padalino

 

Osservando le tavole anatomiche del corpo umano, le circonvoluzioni cerebrali ricordano, in modo sorprendente e affascinante, quelle intestinali. Non a caso, spesso ci sentiamo dire che abbiamo due cervelli, di sopra e di sotto, anche nel senso figurato di una propensione a ragionare con la pancia, escogitando così pensieri viscerali o, peggio, scatologici. Abbiamo in dotazione, pertanto, un secondo elaboratore organico, lungo ben sette metri e attorcigliato nell’addome, significativamente al centro del nostro essere. Un encefalo ventrale che non soffre, tuttavia, di complessi d’inferiorità rispetto all’omologo cranico, perché la virtù sta nel mezzo, posizione rispettabilissima, come si conviene, in maniera esemplare, a una capitale politica che amministra gli input nervosi provenienti dalle più distanti lande della res corporea, trasformandoli in risposte decisionali, irradiate in ogni dove.

Siamo dunque bicefali, con una “testa” però assai vulnerabile, inserita com’è nella parte molle del tronco.

E tuttavia, cosa succede quando salta l’equilibrio tra i due centri di potere e si perde il controllo dello stato di salute? Tralasciando le bizze neuroniche – meritevoli piuttosto di una biblioteca alessandrina di studi specialistici – che possiamo congetturare e inventarci ancora delle follie enteriche dell’uomo contemporaneo?

Anche da fermo, gran maestro dissimulatore, il colon, alla stregua dell’esilarante Prodi semaforico di Corrado Guzzanti, si muove interiormente all’impazzata, come un ossesso preda di orge, sabba o rave party; una vitaccia, insomma, la sua, da spastico ipercinetico, con fastidiose ripercussioni sul delicato muscolo pulsante, custodito e imprigionato nella cassa toracica. Preso, infatti, tra Scilla e Cariddi, il nostro povero cuore si traveste d’Arlecchino, per servire una coppia di padroni cerebrali, due tiranni circonvoluti al prezzo esistenziale di uno.

A saper disegnare fumetti nipponici, ciascuno si trasfigurerebbe all’istante in un mini samurai ipocondriaco di fronte al suo più acerrimo nemico: se stesso! Sconfitto e umiliato, dopo una lunga battaglia intestina, il nobile guerriero accetterebbe, pur di riscattarsi, di praticare l’antico rituale del harakiri, squarciandosi il ventre di carta per cancellarne, in/con un tratto di mina, l’onta del male oscuro, gettandolo così in pasto all’apposito cassonetto differenziato.

Ma, purtroppo, l’educazione artistica non aiuta a compiere il miracolo della metamorfosi in un manga e al risveglio, ogni mattina, scopriamo di abitare un monstrum tridimensionale, fatto di cellule a volte anarchiche, insensibili ai richiami dell’ordine e, anzi, propense addirittura a portare l’attacco alla centrale operativa grande come un pugno.

Che fare, pertanto, di quel doppio encefalo, versione aggiornata della veneranda biga platonica? Assecondarne i destrieri nel loro procedere incostante o impugnarne piuttosto le redini in modo saldo, divenendo finalmente aurighi del nostro destino?

Adelante Pedro, con prudenza! Dolcemente, certo, e senza strappi al motore (immobile) nel petto.