apr 18, 2015 | Post by: admin Commenti disabilitati

ESSERE.. NON ESSERE…O SAPER ESSERE di Antonella Corna

Quando si arriva  alle soglie del mezzo secolo e si ha un minimo di spessore culturale, è doveroso per ogni uomo avere la capacità di leggere tra le righe della vita per capire meglio come va il mondo. Bisogna saper interpretare gli accadimenti, avere magari del senso critico, ma a volte basta anche solo una buona dose di capacità riflessiva. E un po’ di giocosa curiosità.

Riflettevo, ad esempio, che non è banale riuscire a focalizzare la sostanziale differenza che il verbo “sapere” apporta a tutte le attività quotidiane della vita. Non mi seguite? Semplicissimo. Se ad ogni concetto pratico espresso in forma verbale coniugata all’infinito si antepone il verbo “sapere”, per magia il concetto stesso cambia totalmente di significato.

Non è ancora chiaro?  Beh…chi non ha capito incarna esattamente la lampante differenza  che c’è tra leggere e saper leggere. O potrebbe obiettare…tra scrivere e saper scrivere! E io non mi offenderei, state tranquilli, perché a differenza di chi semplicemente vive, io so vivere!

Insomma, c’è un abisso logico in ogni concetto a cui si antepone il fatidico “sapere”.

Mangiare non è la stessa cosa di saper mangiare. Nella differenza può esserci un universo intero che abbraccia infiniti concetti quali la genuinità, la riscoperta dei sapori veraci, le qualità organolettiche dei prodotti, la corretta alternanza degli apporti nutritivi e persino la sostenibilità produttiva per la salvaguardia della terra, nonché la nostra stessa salute.

Saper parlare, ad esempio, garantisce un risultato anche a prescindere dalla sostanza del concetto espresso, anzi anche a dispetto della stessa coerenza fra il dire e il fare. E questo fa spesso la differenza a vari livelli, primo fra tutti la politica.

Che dire poi tra fare e saper fare! Il termine ormai impazza ovunque, benché sia da collocare in origine in certi settori peculiari quali quelli delle organizzazioni aziendali o di selezione del personale, che richiedono capacità di Know-how, letteralmente “sapere come” cioè sapere come si fa una determinata cosa, quindi ancora: avere una competenza.

Che poi, detto tra noi, ve lo immaginate un povero cristo che è stato licenziato dopo aver lavorato quindici anni in un’azienda andata in rovina, e che non ha mai avuto altro tempo se non quello di faticare come un matto per portare avanti la famiglia; che si ritrova  a dover aggiornare suo malgrado il curriculum lavorativo inserendo per iscritto e dettagliatamente le sue capacità di know-how, così come richiedono oggi le aziende? Ma questa, certo, è un’altra storia e riguarda lo scotto da pagare per la nostra esterofilia letteraria.

E vogliamo trascurare la differenza che c’è tra vendersi e sapersi vendere? Tralasciando l’analisi del primo concetto dalle accezioni tipicamente spregevoli, vorrei dire due parole sul concetto di sapersi vendere…e concedetemi uno sfogo. Ma possibile che il nostro territorio, così ricco di prodotti unici e di valore assoluto quali certi vitigni o la qualità delle nostre olive o dei nostri pomodori o del nostro grano e la maestria nella lavorazione degli stessi, non si riesca ad esaltarlo, a creargli una identità più specifica, che faccia da volano alla nostra economia mortificata dalla spavalderia di chi invece si sa vendere, senza grande sostanza, a nostro discapito?

Ma guardiamoci intorno, per favore, senza andare molto lontano…e inventiamoci qualcosa!