ago 05, 2015 | Post by: admin Commenti disabilitati

MARXISMI DI MEZZA ESTATE di Alfredo Padalino

 

Teodicea marxista

Se un giorno dovesse avverarsi la redenzione universale della nostra specie, ad opera di Dio o del comunismo, quale significato assumerebbe allora il male storico, come dolore fisico e morale, provato nei millenni da una schiera innumerevole di esseri innocenti, vittime sacrificali sulla via del paradiso celeste o terreno?

Era questo l’interrogativo che tormentava l’ultimo Max Horkheimer, notoriamente marxista e ateo, autore con Theodor Adorno della “Dialettica dell’Illuminismo”.

Il sociologo della Scuola di Francoforte non si convertì mai ad alcuna confessione religiosa e tuttavia, da laico, tentò in extremis di avvicinarsi filosoficamente al mistero della sofferenza umana.

Se al credente monoteista, infatti, la fede, il magistero e la teologia forniscono un ventaglio di risposte più o meno condivisibili, nell’attesa di sciogliere qualsiasi dubbio alla fine dei tempi, al cittadino, invece, integralmente secolarizzato che, in futuro, godrà di una società finalmente libera e giusta, non solo sviluppata quindi, ma anche progredita, quale senso potrà ricavare da quel passato così intriso di soprusi, violenze, sudore, lacrime e sangue?

Anche se tutte le promesse di beatitudine mondana, sotto forma di emancipazione individuale ed eguaglianza sociale, fossero conseguite stabilmente, i più sensibili e intelligenti fra i nostri posteri vivrebbero sempre, dentro il cuore, un’infelicità inestirpabile, inconsolabile, irredimibile.

Il pessimismo della ragione velava, ormai, le argomentazioni del vecchio teorico critico, facendo a pugni con l’ottimismo della volontà, un contrasto assai stridente nella sua coscienza che oggi, a un quarto di secolo dall’implosione dell’URSS, suona anacronistico, forse patetico, eppure così profondamente attuale.

Personal Marx

Non si registrano in giro lotte di classe in senso marxista, ma si riscontra piuttosto un desiderio generalizzato, ossessivo e, a volte, predatorio, di emulare i ceti più abbienti.

Infatti, nessuno, oggi, intende davvero eliminare le differenze economiche e, men che mai, quelle culturali, gettando così le basi di una società libera e giusta, priva di gerarchie fondate sul patrimonio.

La gente comune, l’uomo della strada, l’audience televisiva, vuole solo ascendere la scala delle opportunità di arricchimento materiale in modo rapido e individualistico, procurandosi una vita quanto più confortevole per sé e per i propri cari.

Pertanto, il comunismo non è la realtà in movimento né un’organizzazione sindacale o di partito, ma solo materia di studio per gli storici, anche se ne sopravvive una sua versione etico-morale in alcune anime belle del presente, sotto forma di idea regolativa della società civile o di postulato della ragion politica.

Soltanto in questa accezione privata, interiore, personale, possiamo quindi definire il marxismo. Il suo uso pubblico non può essere più perseguito nei modi tradizionali, pena l’autodistruzione dell’intero corpo statale e di chi lo impone alla maggioranza dei cittadini.

Il comunista del nuovo millennio è ormai un credente laico e inattuale, che non sa predire nulla tranne la propria impotenza.