In realtà il ricordo più nitido che conservo di lui è il ticchettio delle sue unghie aguzze quando passava trotterellando sull’asfalto della curva sotto la casa che occupavamo per le vacanze. Questa cosa succedeva più volte al giorno ma ad orari sempre diversi ed in modo assolutamente imprevisto.
I Toscani sono dei veri geni nel dare il nome a persone o animali, infatti Moschino era un cane di media taglia, un meticcio nero come la pece senza una sola macchiolina bianca.
La cosa che mi colpiva anche allora era l’assoluta indipendenza della bestia che per quanti sforzi facessi non ubbidiva a nessuno dei miei comandi! Era una bestia RANDOM, compariva e scompariva a suo insindacabile piacimento.
Passava andando verso Vellano o verso Goraiolo con assoluta indifferenza e anche nello sguardo non lasciava trapelare alcuna emozione o passione. Potrei affermare, a distanza di oltre quaranta anni, che fosse un cane “senza sentimenti”. Eppure le cose non stanno mai come appaiono al primo sguardo.
Per diversi anni il ticchettio delle sue zampette risuonò nei caldi pomeriggi, quando mia mamma mi costringeva a fare “un riposino pomeridiano perché faceva bene”. Ed in quell’oretta in cui ero costretto a stare sdraiato nel buio delle persiane chiuse mi divertivo, con gli occhi rigorosamente chiusi, a riconoscere i suoni ed i rumori che sopraggiungevano dal mondo esterno.
La casa, un tozzo fabbricato in pietra senza balconi, era stato un deposito per la maturazione delle mele prodotte nel frutteto che si estendeva nella collina retrostante. Ma veniamo al “riconoscimento”. La casa dominava una curva parabolica tra due rettilinei per cui le macchine erano costrette a rallentare avvicinandosi ad essa. L’abilità che avevo sviluppato allora era quella di riconoscere la marca ed il modello di automobile che arrivava da destra o sinistra e rallentava nella curva.
Una NSU Printz (toccatevi), una Opel Kadett, la 600 o un Cinquino. Ero diventato talmente bravo che riconoscevo anche il colore ed il numero delle persone a bordo. No, la targa non sono mai riuscito ad indovinarla, troppi numeri…
Moschino passava di lì ogni tanto, attentissimo a non farsi mettere sotto dalle macchine, ma soprattutto ad evitare che io potessi prendergli il collare per legarlo a qualche guinzaglio improvvisato. Non ha mai avuto uno scatto nei miei confronti solo che non riconosceva la mia autorità in quanto “essere più evoluto”. Diciamo che come padrone mi “schifava”. No, forse non è neanche giusto dire così, era solo un cane anarchico o con scarso senso per l’autorità costituita…
L’ho già detto: un cane senza sentimenti; eppure non era così ma io non lo sapevo. Ero offeso dai suoi comportamenti o meglio mi sentivo frustrato dal fatto che non riuscivo a fargli fare ciò che volevo. Eravamo cresciuti con Rintintin e Lessie ed io quando chiamavo Moschino (all’epoca non sapevo fischiare) non ottenevo altro che lo sguardo disinteressato di un cane che però andava dall’altra parte.
All’epoca c’era anche un’altra attività che mi teneva impegnato durante quei giorni di vacanza: evitare ELIANA! A me ricordava Nada (la cantante), ma se vi devo dire perché non lo so. Non era tanto alta, vestiva sempre in modo un po’ vistoso; era senza dubbio una ragazza di buona famiglia, ma a me faceva PAURA! Aveva due occhi spiritati e mi adorava, penso che avesse una ventina di anni più di me, che allora facevo le elementari. Mi diceva che ero la sua passione e sapete come me lo dimostrava? Mordendomi o riempiendomi di pizzicotti.
Non so se oggi mia madre, leggendo di tutti i “Serial Killer” presenti sulla stampa, mi avrebbe tenuto lontano da lei, ma allora tutte queste pressioni di giornali e televisioni non si avvertivano. Il risultato era che sul mio corpo comparivano, ben visibili, i segni dei pizzicotti o dei morsi “amorosi”.
Mi voleva bene davvero, credo però volesse mangiarmi… Io ero terrorizzato. Alle volte me la vedevo davanti all’improvviso, e se non ero veloce a scappare, con una scusa mi abbracciava così forte da farmi scrocchiare le costole. Però mi voleva bene…
Avete capito, passavo parte della mia estate a cercare di giocare con un cane che mi snobbava ed evitare una “Zia” che mi voleva mangiare. Bello vero? Beh, per me quelli erano problemi molto seri. Nella mia testa di bambino avrei voluto un cane affettuoso e obbediente, e capite bene che Moschino non era certo il prototipo di questo tipo di animale.
Io la pensavo così, ma in realtà le cose spesso non sono come sembrano. Questa verità, che avrei definitivamente scoperto solo più tardi, ebbe però una prima manifestazione in quel periodo.
Un pomeriggio ero riuscito a scappare alle grinfie del mio “riposino pomeridiano” (chi sa perché i bambini credono che dormire sia una solenne perdita di tempo) e stavo andando alla ricerca di Moschino con due biscotti per cercare di farmelo amico. Lo vidi e cercai di avvicinarlo, lui invece sentì qualcosa: un odore, un rumore, un segnale che lo fece scappare nella direzione opposta a quella da cui venivo io, povero illuso con i due biscotti. Non capii subito, mi misi a correre cercando di stargli dietro o quanto meno di vedere dove andasse.
Ad un tratto mi si gelò il sangue! Nella direzione opposta vedevo sopraggiungere Eliana con la sua 500 arancione che ben conoscevo, la cui sola vista mi terrorizzava. Ach! Ero allo scoperto: la strada era in quel punto rettilinea e non presentava alcuna possibilità di nascondersi. Sono rovinato, pensai. Avevo il cuore in gola, è finita ora mi prende e mi maciulla una guancia o una mano.
Io so di essere un uomo fortunato, quella volta mi sentivo perso e invece all’improvviso la svolta. Successe infatti una cosa bella e strana allo stesso tempo. Dalla cunetta spuntò Moschino. Io allora rianimato, nella mia testa di bambino pensai: ora l’attacca, la morde e mi salva.
Mi bloccai, la 500 inchiodò, Moschino si fermò puntandola; sembrava la scena di un film western. Chi sa perché pensavo che il cane avrebbe parteggiato per me. Povero illuso. Invece, come spesso è capitato nella mia vita, non avevo capito una beneamata fava.
Eliana scese dalla macchina e Moschino le corse incontro. Io pietrificato pensavo: grazie al cielo, mi ha salvato; ora l’attacca! Lei si chinò e lui le fu subito addosso, solo che invece di sbranarla le stava manifestando il suo smisurato affetto mordicchiandola dappertutto.
Eliana allora fece salire Moschino sulla 500 arancione nel posto del passeggero di fianco a lei e ripartirono veloci e felici, ma soprattutto complici. Ho ancora viva l’immagine di Eliana con Moschino soddisfatto al suo fianco. Mostravano il loro affetto a morsi!
Eliana aveva mostrato anche a me il suo affetto nel modo più diretto ed immediato, quello senza mezze misure, quello di un cane! Tornai a casa un po’ confuso, ma felice di averla fatta franca.
Solo dopo tanti anni ho capito che l’affetto, l’amore, va dimostrato, come fanno i cani o come può fare una persona “un po’ così”, un po’ strana per noi. La bestia aveva preferito Lei a me per il suo modo diretto di amare e i cani si sa, difficilmente sbagliano.