Dal 2 al 4 settembre si è tenuta a Lucera la prima edizione del festival di letteratura organizzato dalla Cremeria Letteraria – presidio del libro, denominata “STELLETTERARIE” ed intitolata “Impararsi”, un viaggio continuo, un moto perpetuo alla scoperta di se stessie dell’altro, come si legge nelle note di copertina redatte dall’ideatore del neologismo, il creativo Giuseppe Lepore. Il simbolo della manifestazione, un labirinto in campo rosso, sta a simboleggiare il percorso, a volte tortuoso, a volte leggero, che ci mette in comunione con la parte più intima ed autentica di noi stessi. Completano il seducente colpo d’occhio dell’allestimento scenico una parata di ombrelli che, girati al contrario, da parapioggia si trasformano in gusci dentro i quali navigare nelle procellose acque della realtà quotidiana.
Il programma allestito in pochi giorni con la consueta maestria dal deus ex machina dell’associazione, l’irriducibile Pippo Grasso, è una vera parata di stelle della nostra letteratura contemporanea, arricchita da una spruzzata di spettacolo: quattro appuntamenti al giorno per tre giorni, che si sono susseguiti in una riuscita contaminazione di generi letterari, musica, teatro, attualità e poesia.
I giornata – 2 settembre
Dopo una brillante e poetica introduzione dell’infaticabile direttrice artistica Cinzia Cognetti, che diffonderà fascino e simpatia per le tre serate, l’inaugurazione della kermesse è affidata a Davide Grittani, intervistato con grande professionalità da Elisa De Maso. L’autore di origini foggiane ha presentato il suo nuovo libro, uscito nelle librerie proprio quel giorno e intitolato “La ragazza dagli occhi d’oliva”. Una storia toccante che affronta temi delicatissimi con tocco leggero e senza cadere nella trappola del moralismo, ispirata dalla tragica vita di Dolores O’Riordan, la magnetica voce dei Cranberries e che ha ricordato ad un maestro dell’horror come Dario Argento “le verità nascoste male sotto le nostre tappezzerie”, tema da lui affrontato nel cult movie Profondo Rosso.
Neanche il tempo di riprendersi ed ecco che sul palco sale Ritanna Armeni, la pasionaria fondatrice de Il Manifesto, protagonista di tante puntate di Otto e Mezzo, trasmissione televisiva condotta da Giuliano Ferrara; la Armeni, presentata da un fuoriclasse del giornalismo nostrano, Enrico Ciccarelli, ha parlato del suo ultimo parto letterario: “Per strada è la felicità”, storia dei cambiamenti indotti dai fermenti del movimento studentesco del ’68 in Rosa, giovane ragazza di provincia trasferitasi a Roma per l’università. La sua evoluzione e la consapevolezza acquisita nella frequentazione dei collettivi la portano a scoprire un’altra Rosa, la filosofa tedesca, teorica del socialismo rivoluzionario Rosa Luxemburg, che segnerà in maniera indelebile la sua maturazione.
Non c’è il tempo di metabolizzare le riflessioni indotte dalla Armeni che sul palco sale Vladimir Luxuria, brillante personalità pubblica che non abbisogna di presentazioni, e che tra i tanti record che può vantare uno è destinato a rimanere imbattuto: quello di essere stata il primo deputato transgender di un parlamento europeo; sebbene la nostra Camera dei Deputati non si era risparmiata negli anni precedenti pornostar e bizzarrie varie, così tanto oltre il nostro elettorato non si era mai spinto.
A far compagnia alla diva l’onnipresente Ciccarelli a Alice Rizzi, presidentessa dell’Arcigay di Foggia. Il dibattito è subito scivolato sul ddl Zan, la cui approvazione in parlamento è un tema di stretta attualità, anche se pochi conoscono il contenuto della proposta di legge. Gli interventi di Luxuria e della Rizzi, stimolate dal moderatore, hanno finalmente fatto chiarezza sul salto di qualità e sulla portata innovativa che il ddl si propone di attuare in tema di tutela e consapevolezza dei vari orientamenti sessuali, sia nel diritto penale che nei programmi scolastici.
Oltre a portare all’attenzione un episodio di cronaca di ordinaria intolleranza verificatosi recentemente a Foggia, non sono mancate le digressioni leggere condite di doppi sensi che l’attrazione della serata ha riservato al suo pubblico, accorso in forze da tutta la provincia.
Potrebbe bastare così, ma la prima serata non finisce di stupire il folto pubblico che nell’arco del pomeriggio e della serata si è avvicendato nell’elegante salotto di pietra di piazza Duomo, che faceva da sfondo al palco abbellito dagli effetti speciali di Bracihole (leggasi: braciole) l’agenzia di comunicazione capeggiata da Lepore, con la fattiva collaborazione della socia Alessia Tedesco, mentre alla fotografia ha collaborato anche Bianca De Luca, oltre allo stesso Lepore, che con la sua agenzia ha curato anche le bellissime pagine Facebook della rassegna.
Sul palco infatti sale Ligabue; no, non Luciano (quello era fuori budget), ma più modestamente il fratello Marco che, con la collaborazione di uno scatenato Leonardo Follieri, giornalista musicale, ha presentato il suo libro “Salutami tuo fratello” titolo che si ispira alla raccomandazione che il nostro immancabilmente riceve tutte le volte che incontra i suoi fans ai concerti o nelle più varie circostanze. Il più giovane dei Ligabue ha intrattenuto il pubblico con aneddoti – principalmente basati sul suo rapporto col più famoso fratellone, ambientati nei locali della bassa reggiana, quando era ancora uno sconosciuto – e con canzoni suonate alla chitarra che hanno spaziato dai brani che hanno segnato la sua crescita musicale a quelli di sua composizione. Curiosamente il fratello meno noto è più estroverso della rockstar, che in privato si rivela riservato e quasi timido.
Quasi dimenticavo di aggiungere che sul palco, per le tre serate, ha trovato posto anche un disegnatore Alessandro Tommasone, che in tempo reale realizza disegni ispirati dal tema della chiacchierata e che vengono proiettati sul monitor installato sul palco, alternandosi col frame fisso della copertina del libro e di una foto dell’autore. Al termine di ogni presentatore il disegnatore dona la sua opera all’ospite che, nell’accomiatarsi, porta con se anche una bottiglia di spumante della Masseria nel Sole, dipinta a mano da Gianni Pitta e offerta dalla Cremeria, oltre ad un piacevole ricordo che gli resterà nel cuore, come tutti gli intervenuti hanno assicurato, nel ringraziare gli organizzatori della riuscita della manifestazione.
II giornata – 3 settembre
Il secondo giorno continua sull’onda dell’entusiasmo suscitato dalla riuscita della giornata inaugurale, con in bocca ancora il dolce sapore delle piacevoli sensazioni dal giorno prima. Cambio d’abito per Cinzia Cognetti, che dal verde brillante indossato scaramanticamente il primo giorno passa ad un completo nero, per annunciare che dei previsti quattro incontri se ne terranno solo tre, per la defezione dell’ultim’ora di Lello Vecchiarino, il genius loci, impossibilitato per problemi di salute a partecipare alla presentazione in anteprima del suo ultimo lavoro.
Si comincia quindi con Rita Lopez, archeologa barese che si divide tra la città di San Nicola e Roma, entrambe protagoniste del suo libro “Fuori da ogni tempo”, nel quale, a colloquio con Adelia Mazzeo, riesce a mescolare due storie parallele: quella di una vestale dell’antica Roma, che cerca di liberarsi dal giogo della sua costrizione attraverso un amore proibito e quella di un’archeologa che tenta di scavare, questa volta non tra i resti di una civiltà antica, ma nella memoria della madre affetta dall’alzheimer, prima che precipiti nell’oblio. Una curiosità: la suoneria del cellulare della protagonista è Black Dog dei Led Zeppelin, il cui tagliente riff introduce l’ingresso dell’autrice.
La seconda autrice della serata è la sceneggiatrice televisiva e scrittrice Teresa Ciabatti, che nel 2017 sfiorò la vittoria al Premio Strega col romanzo: La più amata, classificandosi seconda.
A Stelletterarie, moderata da Cinzia Cognetti, l’autrice toscana (è nata ad Orbetello ma vive a Roma) ha presentato il suo settimo ed ultimo romanzo dal titolo: “Sembrava bellezza”, una storia sull’impietoso trascorrere del tempo e su come, nel ripercorrerlo, si possano incontrare il perdono e la tenerezza, prima di tutto verso se stessi. Un romanzo di madri e di figlie, di amiche, in cui l’autrice mette in scena le relazioni tra donne e non solo.
La chiusura della serata è affidata a Franco Arminio il suggestivo poeta “paesologo” (definizione da lui stesso coniata), un “sacerdote letterario” che celebra i suoi interventi come riti laici, invitando il pubblico a cantare insieme a lui a-cappella, con immediati effetti liberatori da tante inibizioni che ci impediscono la libera espressione. Nella piazza lucerina l’irpino Arminio ha voluto provare un esperimento nuovo, selezionando tra il pubblico una siciliana ed un lucerino, ai quali ha fatto tradurre, nei rispettivi dialetti, una sua poesia, per farsi incantare, lui per primo e di riflesso i numerosi presenti, dalla diversità dei suoni di due tra gli innumerevoli idiomi che si parlano nel nostro paese. Nel finale e quasi per caso l’autore si ricorda di parlare del suo ultimo libro: “Lettera a chi non c’era. Parola dalle terre mosse“ che tratta di gravi incidenti con centinaia di morti, tutta gente di umili origini, trascurati dagli organi di informazione, cercando di sottrarli all’oblio in cui sono precipitati.
III giornata – 4 settembre
La giornata conclusiva ha seriamente rischiato di saltare a causa delle avverse condizioni atmosferiche. Ma ci vuole ben altro che la pioggia per fermare i nostri inesauribili organizzatori, che in pochissime ore, abbandonato il palco di piazza Duomo, trovano subito la soluzione alternativa allestendo la scena all’interno del cortile di Palazzo Cavalli (non ringrazieremo mai abbastanza Antonella Cavalli per l’ospitalità), e trasformando la situazione sfavorevole in un’opportunità ulteriore. Il colpo d’occhio dell’ingresso del palazzo è ancora più suggestivo, anche grazie ad un sapiente uso delle luci colorate che esaltano l’eleganza dell’atrio e la scalinata di accesso diventa parte integrante della scena. Qui bisogna distribuire i meriti tra i creativi di Bracihole, che sono riusciti addirittura a superarsi, e lo staff di Strumenti & Figure dei Fratelli Finizio, che per tutte le serate hanno curato l’amplificazione del palco e del set improvvisato, nonché le luci.
Inizia quindi la terza serata, in comprensibile ritardo, con una chiacchierata tra l’autrice più giovane, la pugliese Loreta Minutilli, autrice di “Quello che chiamiamo amore” e la tuttofare direttrice artistica, insieme al sottoscritto. La storia, ambientata in un’anonima (solo perché non viene nominata) cittadina di provincia del sud, tratta di un rapporto di coppia apparentemente normale, che però nasconde un disagio, esclusivamente dalla parte femminile, svelando problemi dei quali il protagonista maschile, abituato a programmare ogni aspetto della vita di coppia, colpevolmente nemmeno sospettava l’esistenza.
Viene poi il momento di Andrea Di Consoli, programmista RAI, giornalista e scrittore di origini lucane, che si presenta in duplice veste: dapprima di scrittore, col suo ultimo pamphlet dal titolo: “Tutte queste voci che mi premono dentro” una sorta di raccolta di racconti e scritti vari, e subito dopo in veste di intervistatore di Elisa Ruotolo, che ha presentato il suo nuovo romanzo: “Quel Luogo a me proibito”.
Introdotto da Raffaella Gambarelli, Di Consoli, cui non difettano capacità affabulatorie, si lancia in una provocatoria difesa del socialismo craxiano, non solo del leader, di cui cerca di riabilitare la memoria oltraggiata, ma anche dei suoi più fidi collaboratori, ricordando la sua esperienza lavorativa all’Avanti! nell’ultimo periodo, quello di maggior declino dell’organo ufficiale del Partito Socialista. In mancanza di contraddittorio col pubblico, scelta opportuna degli organizzatori per poter rispettare i tempi contingentati imposti dal fitto programma, molti sono stati i mugugni suscitati tra il pubblico presente; ma anche questo è il bello della rassegna, che ha consentito di ascoltare i punti di vista più disparati, anche non condivisibili ma sicuramente autentici, di autori che non hanno poi tutta questa visibilità pubblica, né tante opportunità di parlare in televisione, che ancora resta il mezzo di comunicazione di massa più diffuso ed efficace.
Dopo una introduzione-fiume del torrenziale Di Consoli, che sviscera in ogni aspetto l’affascinante romanzo della già citata Elisa Ruotolo, di Santa Maria a Vico (CE), si entra nel vivo di una storia ambientata in un Meridione molto distante dai segni della modernità urbana, in cui l’ambiente familiare oppressivo misura le condotte pubbliche e private sul terrore del giudizio sociale, risolvendosi in una privazione di autonomia. Di qui la ribellione della protagonista, che eredita dalla nonna materna il “sangue ferino” e da un’amica dell’adolescenza la libertà e la capacità di seguire l’istinto. Fino all’età adulta si rifugerà nella scrittura e nei libri, ma all’improvviso arriva l’incontro che le dimostra che c’è anche altro, anche se occorre tanto coraggio per assumersi la responsabilità del proprio piacere.
Finale col botto, con la pioggia che finalmente concede una tregua per l’esibizione di Saverio Raimondo lo stand-up comedian dall’irresistibile simpatia e dall’humour tagliente. Si comincia con i sistemi per sconfiggere l’ansia, pezzo forte del comico romano che evidentemente è assai pratico della materia, per poi spostare il focus sulle bizzarrie dei lockdown cui la pandemia ci ha costretti, contagiandolo in prima persona. Molto divertente la tirata sull’inutilità del denaro. La comicità di Raimondo è a tratti corrosiva e sopra le righe, ma senza provocazione non c’è gusto, come abbiamo già ribadito sopra, e un finale così scoppiettante è stata la più degna conclusione di una rassegna varia, estremamente ricca e costruttiva, ben organizzata e diretta, che si candida di diritto ad essere la prima di una serie di edizioni sempre più speciali.
I principali artefici di questo successo sono i componenti della famiglia Polito, i coniugi Michele Polito e Maria Grazia Vacca, che hanno letteralmente smosso montagne, insieme alla figlia Martina, che si è occupata di tutti i dettagli della rassegna, dalle sinossi dei romanzi alla logistica. Ma tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la fondamentale collaborazione di Pippo Grasso, vera anima del festival, che in questi sette anni di esperienza ormai conosce tutti i principali protagonisti il mondo della letteratura e della cultura italiane.
Infine una menzione speciale va riservata ai finanziatori della rassegna: in primis il Comune di Lucera che senza indugi ha patrocinato un progetto ancora tutto da sviluppare; in minima parte anche la Regione Puglia ha offerto il suo contributo, mentre la parte principale è stata offerta, con mirabile lungimiranza, da numerosi sponsor privati, cui va il nostro ringraziamento più sincero per la sensibilità e la fiducia dimostrate, sicuri che sia stata ben ripagata.
Michele Colucci