feb 22, 2022 | Post by: admin Commenti disabilitati

GUERRA BIOLOGICA di Michele Colucci

Che vitaccia quella del premier al giorno d’oggi. Per tutelare la privacy e i dati sensibili ed evitare il diffondersi di notizie sullo stato di salute, i capi di stato sono costretti a vivere blindati ed adottare misure di precauzione inaudite.

Recentemente sia il presidente francese Emmanuel Macron che il cancelliere tedesco Olaf Scholz, entrambi in visita all’ex agente segreto del KGB Vladimir Putin per discutere della crisi con l’Ucraina, si sono rifiutati di farsi fare il test molecolare per il Covid dai sanitari sovietici del Cremlino, ed hanno richiesto l’intervento dei medici delle rispettive ambasciate in Russia, francese e tedesca, per evitare che il loro materiale biologico finisse in mani nemiche. La prima considerazione da fare è che siamo ritornati a ragionare in termini di paesi nemici e paesi alleati o di area Nato e paesi ostili alla Nato, come nemmeno ai tempi più tristi della guerra fredda si faceva più. La seconda riflessione è che non è la contingenza della crisi ai confini sovietici ad aver costretto le guardie del corpo di tutti e tre i leader europei a consigliare di alzare il livello delle misure precauzionali, come testimonia la notevole distanza che in entrambi i vertici separava i due protagonisti dell’incontro, seduti ai due capi opposti di un brutto tavolo ovale realizzato per l’occasione. La prudenza nasce molto prima.

Pare che il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, al summit del 2018 con Donald Trump, svoltosi in campo neutro a Singapore, si portò dietro un wc personale, ovvero un contenitore in cui conservare tutte le deiezioni (feci, urine, unghie rosicchiate ed altro) per evitare che tali preziosi reperti finissero nelle mani di qualche biologo nemico (i comunisti, si sa, vedono nemici del comunismo dappertutto, credo si chiami sindrome da accerchiamento). Fa quasi tenerezza immaginare il bambolotto coreano, con la sua agile andatura da orsacchiotto, trascinarsi nei palazzi della diplomazia questa ingombrante urna piena di ogni immonda schifezza, che pur se proveniente dal proprio organismo, sempre stomachevole risulta, sia all’olfatto che alla vista.

Ancora prima la CIA, ai tempi di Ronald Reagan, si impossessò delle feci del presidente filippino Marcos, non certo per conservarle in barattolo alla stregua della Merda d’Artista di Manzoni (Piero, non quello dei Promessi Sposi). Anche a Saddam Hussein, rais iracheno, gli americani riuscirono a sottrarre una cartella clinica, mentre quei bravi ragazzi del Mossad, il servizio segreto israeliano, trafugarono le urine di Hassad, all’epoca capo siriano, per risalire dalle analisi ai segreti più reconditi sul suo stato di salute.

Siamo passati dalla guerra chimica (“Mi piace l’odore del napalm al mattino, profuma di vittoria” diceva un estasiato colonnello Kilgore interpretato da Robert Duval in Apocalypse Now, mentre ammirava i bombardamenti americani in Vietnam) alla guerra biologica, a base di “identificatori biometrici”, con tanto di esami del sangue e di ogni residuo biologico proveniente dal corpo di un nemico, alla ricerca di notizie aggiornate e di prima mano sulle condizioni di salute, su eventuali tare genetiche o sui punti deboli del leader nemico, da poter colpire più facilmente. Sicuramente si tratta di una strategia più sofisticata e meno dannosa del napalm, ma testimonia che, quando vogliono, posso riuscire a spiarci anche nell’orifizio più nascosto, quello dove non batte mai il sole.